Siamo a Silivri, Selimbria per i greci. Città di origini antichissime è sempre stato un luogo strategico grazie al suo porto naturale e la sua posizione sulle principali vie commerciali, quali la via Egnazia. È passata dai traci, ai greci, dal sacro romano impero agli ottomani.
Oggi è un comune della provincia di Istanbul, appartenente al comune metropolitano di Istanbul.
Lasciamo Ipsala prima delle nove. Purtroppo non ci sono alternative a percorrere la superstrada che, fortunatamente, ha una corsia di emergenza molto larga. Un susseguirsi di lunghi saliscendi con pendenze ripide ci accompagnerà fino a Kesan.
Sulla nostra destra campi aridi. Già dall’ultima parte di Grecia incontriamo tanti cani randagi. La maggior parte di loro ci guarda passare con la coda dell’occhio mentre sonnecchia a terra, una minoranza ci corre dietro abbaiando e con i denti fuori come se ci volesse sbranare. Nel dubbio facciamo degli scatti che non si vedono neanche al giro d’Italia.
Arriviamo a Kesan con un a paio d’ore di anticipo rispetto alla tabella di marcia; da qui, alle 15, prenderemo l’ultimo trasferimento in pullman per arrivare a Silivri.
Entriamo nel terminal degli autobus. Ci viene incontro un signore gentile e sorridente; anche se non parla inglese, riesce a capire e a farsi capire. Ci aiuta ad cambiare il biglietto per il pullman delle 13. Abbiamo guadagnato due ore. Intanto Niccolò si accorge di avere una ruota a terra. Ha forato.
Riparo la ruota allietando l’attesa del pullman ad un vecchietto che mi guarda e ogni tanto mi dice qualcosa in una specie di inglese che suona più o meno come la canzone di Celentano “Prisencolinensinainciusol”. Capisco poco o nulla, ma lui è felice ugualmente perché lo sto ad ascoltare. L’unica cosa che riesce a comunicare è di non andare a Istanbul in bici. Troppo pericoloso. Arriva il suo pullman. Se ne va a malincuore salutandoci con grandi sorrisi.
Il tempo di mangiare qualcosa che arriva anche il nostro. Il biglietto, comprato in anticipo online, è costato due euro a testa, più il supplemento di poco più di sei euro a bicicletta che paghiamo sul posto.
Il viaggio in pullman è da prima classe. Il pullman è pieno. Oltre al conducente c’è una specie di steward che non si ferma un attimo. Nelle due ore e mezza di viaggio prima passa con l’acqua di colonia, poi offre dell’acqua fresca, poi i salatini, infine il caffè e il te. Tutto questo oltre a scendere ad ogni fermata per caricare e scaricare i bagagli.
Arriviamo a Silivri. Dopo aver lasciato il mar Egeo a Alessandropoli, abbiamo superato lo stretto dei Dardanelli, o come veniva chiamato anticamente l’Ellesponto, e ora siamo affacciati sul Mar di Marmara, il terzo dei quattro mari che incontreremo lungo questo viaggio.
Percorriamo i dieci chilometri che ci separano dall’hotel affrontando diversi saliscendi impegnativi. Una sosta per comprare una pesca ad un fruttivendolo. Li, su una panchina, un gruppo di vecchietti che ci guardano incuriositi. Ci sorridono e cercano di dirci qualcosa.
L’hotel è bruttino; l’odore di fumo di sigaretta presente ovunque.
Il tempo di una doccia e usciamo. È quasi ora di cena, ma prima vogliamo andare a toccare il mar di Marmara.
Scendiamo lungo una strada che conduce al mare; qui sono tutte case di vacanza. Su una piattaforma in cemento dei ragazzi fanno la lotta per spingersi nell’acqua, una signora fa il bagno con il burqini, un costume da bagno femminile islamico che copre interamente il corpo, esclusi la faccia, le mani e i piedi.
La costituzione turca riconosce la libertà di credo e proibisce le discriminazioni religiose; si possono vedere ragazze che vanno in giro in minigonna tranquillamente accanto ad altre in abiti tradizionali islamici senza alcun problema.
Tocchiamo il mar di Marmara e andiamo a cena. Un ristorantino lungo la strada sembra fare al caso nostro. Potrebbe essere l’ultima volta che mangiamo il vero cibo turco, poi arriveremo ad Istanbul e, essendo una metropoli turistica sarà più difficile.
Ci sediamo. Una signora e, immaginiamo il figlio, ci prendono l’ordinazione. Ovviamente non parlano una parola di inglese. Fortunatamente il menu ha le fotografie dei piatti. Spiedini, kebab, due tipi diversi di polpette, e peperoni e involtini di foglie di vite ripieni di riso. Tutto ottimo.
È ora di andare a letto. Domani sarà una giornata faticosa che ci vedrà raggiungere la nostra destinazione finale. Istanbul o Costantinopoli, o ancora Bisanzio.